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LE GHIANDE DI OGGI SONO LE QUERCE DI DOMANI

Un’immagine del coaching che trovo molto suggestiva è quella della ghianda.

Secondo il pioniere del coaching moderno – Timothy Gallwey – noi donne e uomini siamo “simili a ghiande, ciascuna delle quali contiene al suo interno tutto il potenziale per diventare una magnifica quercia. L’essenza dell’albero è già dentro di noi: per crescere ci occorrono nutrimento, incoraggiamento e luce”.

La suggestione aumenta se si pensa, come ci racconta John Whitmore, che “ gli alberelli di quercia , crescendo da ghiande allo stato naturale, ben presto sviluppano un’unica radice “rubinetto”, sottile come un capello, che si protende fino a un metro di profondità, a fronte di un alberello alto solo una trentina di centimetri.

Nel caso di piante coltivate in vivaio, la radice tende a estendersi fino al fondo del vaso e quando l’alberello viene trapiantato si rompe, compromettendo gravemente la crescita della piante, finché non ne ricresce una sostitutiva.

Quando si agisce in questo modo si dimostra di non conoscere l’esistenza o la funzione della radice, o di non aver dedicato alla sua protezione il tempo necessario”.

Quante volte ci capita, soprattutto in un mondo frenetico e fagocitante qual è quello in cui abitiamo, di compromettere lo sviluppo del potenziale delle persone intorno a noi (colleghi, collaboratori ma anche amici, partner e figlie e figli) per la troppa fretta di vederle crescere?

Il giardiniere avveduto – continua Whitmore – quando trapianta un alberello estrae dalla terra la fragile radice, sostenendone l’estremità, e la inserisce in una lunga buca verticale scavata in profondità nel terreno con l’ausilio di una sottile barra di metallo. La piccola quantità di tempo investito in questo processo, al primo stadio di vita dell’albero, ne assicura la sopravvivenza e gli consente di crescere più velocemente e più robusto rispetto ai suoi fratelli nel vivaio.

Strategicamente, spesso è opportuno “partire dopo per arrivare prima”.

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