fbpx

IL DRITTO E IL ROVESCIO DELL’EMPATIA: quando il contenuto è più grande del contenitore

Quante volte ci capita di leggere o ascoltare indicazioni del tipo:

È necessario empatizzare con il paziente per favorire la relazione di cura
L’empatia è una componente fondamentale per l’esercizio della leadership
Bisogna stabilire un clima empatico per favorire il confronto e le dinamiche di negoziazione

dando per scontato che la parola empatia (contenitore) abbia un significato univoco, condiviso e immediato (contenuto)?

E soprattutto supponendo che sia ben noto cosa e come si debba fare per metterla in pratica ed allenarla?

Il termine empatia viene dal greco empátheia, a sua volta composto dal prefisso en/em “dentro” e dalla radice path di páthos “sentimento, sofferenza, affezione”, e in origine veniva impiegato per descrivere il rapporto emozionale, di partecipazione che legava il protagonista della tragedia al suo pubblico.

Se inizialmente si parlava di empatia come della capacità di “mettersi nei panni dell’altro”, oggi, grazie alla scoperta dei neuroni specchio – ma non solo – sappiamo che questa capacità di “sentire dentro di sé quello che prova la persona che si ha di fronte” ha una componente emotiva e una cognitiva. Sappiamo anche che si tratta di uno strumento necessario alla creazione di una comunicazione funzionale ed efficace ma che dobbiamo porre molta attenzione alle derive cui ci può condurre.

Proprio perché se n’è esplorata a fondo la natura, oggi si è in grado di sostenere che essa non è una dote innata, ma piuttosto un’abilità che come tale va addestrata, allenata ed elaborata, da un lato per svilupparla e dall’altro per evitare di cadere nelle opposte dinamiche dell’unipatia e dell’anaffettività.

Essere consapevoli della propria capacità di empatia significa riuscire a stare momentaneamente nel vissuto altrui, percependo i pensieri e le emozioni dall’interno senza, tuttavia, confondersi con l’altro, perdendo di vista la propria individualità umana e professionale. Se si eccede nell’immedesimazione si rischia infatti di cadere nell’unipatia ovvero di con-fondersi con l’altro, perdendo la capacità di differenziarsi.

L’anaffettività o indifferenza emotiva si realizza, al contrario, quando c’è un’eccessiva presa di distanza, quando si tenta di immunizzarsi da qualsiasi coinvolgimento umano indossando una sorta di armatura che impedisce qualsiasi forma di contatto emotivo.

Entrambe queste derive possono portare ad errori, incomprensioni, storture comunicative, relazionali ma anche di azione tecnica vera e propria.

I modi per allenare la capacità di empatizzare sono differenti ma hanno tutti in comune l’esercizio dell’immaginazione. Come sostiene la filosofa Laura Boella: “L’immaginazione è il cuore dell’empatia e l’intelligenza di ogni forma di compassione, di partecipazione al destino altrui, perché dà pienezza a quanto spesso diciamo e concretamente sentiamo, senza forse dargli troppa importanza”.

Vediamo ora in concreto alcune strategie utili ad allenare la nostra capacità empatica:

  • leggere romanzi, ascoltare musica, vedere film e spettacoli teatrali. Tutte queste esperienze hanno a che fare con l’immedesimazione artistica, la partecipazione, il pathos momentaneo. Per scegliere i più adatti è possibile consultare la Empathy library (http://empathylibrary.com/)
  • rimanere sempre in ascolto e aperti verso l’esperienza dell’altro, senza identificarsi con chi si ha davanti. Ad esempio di fronte a qualcuno che ci sta raccontando un vissuto particolarmente doloroso sono da evitare frasi del tipo “So bene quello che stai provando… è successo anche a me quella volta che…” oppure “Capita spesso anche a me che…”. È invece importante sottolineare il dispiacere che si prova e, se possibile, manifestare la propria presenza e disponibilità con frasi del tipo “Sono molto dispiaciuta per quello che stai provando e voglio che tu sappia che io ci sono se lo vuoi”.
  • infine segnalo che è possibile visitare, anche solo virtualmente (http://empathymuseum.com), l’Empathy Museum di Londra: un luogo che è nato proprio come spazio di partecipazione e condivisone in cui far sperimentare ai visitatori situazioni empatiche concrete, ispirate alla vita quotidiana.

Praticare l’empatia significa saper stare in relazione con gli altri e, prima ancora, con se stessi. Vuol dire saper creare relazioni autentiche, di cura, di amicizia e di amore ma soprattutto relazioni di rispetto e di fiducia, sia sul piano personale sia su quello professionale.

No Comments

Post A Comment